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Nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa si deve ritenere che i promittenti venditori si pongano congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate, invece, a fondersi in un'unica manifestazione negoziale, dovendosi presumere che il bene sia stato considerato dalle parti come un "unicum" giuridico inscindibile, e ciò in difetto di elementi desunti dal tenore del contratto, idonei a far ritenere che con esso siano state assunte - anche contestualmente - dai comproprietari promittenti distinti autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà, inesistenti nella specie.  Qualora una di dette manifestazioni manchi o risulti viziata da invalidità originaria ovvero venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c., restando, pertanto, escluso che il promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quelli tra i comproprietari promettenti dei quali esista o persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare (Cassazione civile , sez. II, 1 marzo 2011 n. 5207).

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